martedì 31 luglio 2007

Rassegna stampa: uno sguardo sull'altrui

Dopo alcuni giorni di mia assenza fisica e cerebrale, torno a dar sfòggio della mia voglia di comunicare.
Ed oggi lo farò parlando di alcune cose curiose che ci circondano, nonostante siano anche un pò lontane.

  • SACHER TORTE: 175 ANNI DI INTRIGANTE BONTA'. Dai tempi del primo esemplare preparato per la festa di casa Metternich, oggi il marchio Sacher è arrivato a produrre quotidianamente circa 900 torte, con punte di 3000 nel periodo di Natale. Famoso come il valzer di Strauss, il fiume Danubio o il parco Prater, questo capolavoro viennese di cioccolato è distribuito in tutto il mondo anche tramite un organizzatissimo servizio di ordinazioni via internet. Coperta da una glassa fatta con 4 diversi tipi di cioccolato e contrassegnata da un sigillo che imita quelli di ceralacca, l'Original Sacher-Torte va conservata a 16-18 gradi e non deve essere messa in frigorifero.

  • LA PROSTITUZIONE IN EUROPA. In Italia, dal 1958, con la chiusura delle case di tolleranza, è stato introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione. L'attività è di fatto libera. (Sbizzarritevi). Il Grecia, chi esercita ha l'obbligo di iscriversi in appositi registri (l'Albo delle "battone") e deve sottoporsi periodicamente a visite mediche che autorizzano a svolgere il lavoro (se ce l'hai bella lavori, se non si può guardare un pò meno....). In Belgio, la prostituzione è legale fin dal 1948 ma viene perseguita quando turba l'ordine pubblico. Le prostitute sono tenute a dichiararsi al fisco. L'Irlanda mi dà soddisfazione. La prostituzione è reato. Non esistono case chiuse e sono previste ammende ed arresto per le prostitute ed i clienti.

  • LEGGO SUL TELEGRAPH: "LE RAGAZZE IN GRAN BRETAGNA VOGLIONO IL SESSO SICURO". Fare sesso sicuro, montare i mobili Ikea, saper parlare in pubblico, fare carriera e gestire bene il proprio denaro: queste le qualità fondamentali per le ragazze della Gran Bretagna. Ecco, io mi chiedo: ci sono seri problemi qui... per dare lo stesso valore alla capacità di montare mobili e a quella di "montare" in modo sicuro in un altro senso.
  • OSCAR, GATTO ORACOLO PREANNUNCIA LA MORTE - NEW YORK - C'é chi lo ha già soprannominato l'Oracolo della Provvidenza, perché il gatto Oscar, 2 anni, bianco e tigrato, preannuncia con precisione assoluta la morte dei pazienti di un ospizio di Providence, la capitale del piccolo stato americano del Rhode Island. Di Oscar parla - e con precisione tutta scientifica - il 'New England Journal of Medecine', la prestigiosa rivista medica americana, pubblicando la saga di Oscar, corredata di una serie di foto. Oscar non sbaglia un colpo: quando una degli anziani pazienti dell'ospizio, spesso colpiti di malattie incurabili o degenerative, sta per lasciare il pianeta, il micio salta sul suo letto ed inizia a fare le fusa. Per il personale medico, è come un segnale: sanno che il prescelto sta per morire e che è giunto il momento di avvertire i familiari. Poi una volta il paziente deceduto, il gatto lascia la stanza pochi minuti dopo. In tutto, le morte preannunciate da Oscar sono state 25, tutte nella sezione demenza senile de lo 'Steere House Nursing and Rehabilitation Center' di Providence. Le prime ad accorgersene sono state le infermiere dell' unità, che ne hanno parlato con i medici, come ha confermato alla Cbs David Dosa, un geriatra dello 'Steere Center'. Come spiega il 'New England Journal of Medecine, Oscar non e' un gatto magico, o dotato di sesto senso. Particolarmente sveglio, il felino sfrutta probabilmente una serie di elementi per capire che il paziente è sul punto di morire. Le ipotesi sono varie. E' possibile che come gli infermieri quando il respiro del malato si fa più affannoso capiscono che é sul punto di morire, Oscar faccia lo stesso, leggendo ed interpretando alcuni comportamenti. Un malato sul letto di morte si muove molto poco, ma probabilmente emana anche un odore che un gatto, dall'olfatto molto più sviluppato del nostro, è in grado di percepire. Ne è convinto Joan Teno, medico e professore di medicina alla Brown University, che si trova sempre a Providence e fa parte della prestigiosa Ivy League: "Credo che alcune sostanze chimiche vengono rilasciate nell'atmosfera quando uno è sul punto di morire, e che il gatto le percepisce". Ma non è da escludere che Oscar sia semplicemente un gatto molto osservatore: in grado di capire i comportamenti del personale medico, molto più indaffarato quando un paziente è sull'orlo della morte.
    Io consiglio questa lettura. Io ho sempre odiato i gatti ed amo i cani. Un motivo c'è per tutto e per tutti.

domenica 29 luglio 2007

un invito a pranzo che non si può rifiutare...

Siete mai stati invitati a pranzo da esserini alti poco più di un metro?

Ho ricevuto questo invito oggi e ho accettato subito.
E' incredibile vedere la preparazione che un micronano di sesso femminile dedica all'evento, e soprattutto la cura che dedica ai dettagli.

La foto a fianco è il tavolino sul quale oggi ho avuto l'onore di pranzare.




Da notare:

  1. una sedia per ogni lato del tavolo
  2. per ogni commensale piattino (con "pietanza), bicchiere e cucchiaio (alcuni fortunati hanno avuto anche forchetta e coltello ^__^ )
  3. perfettamente in centro, uva a consumo collettivo
Ho proprio mangiato bene.

venerdì 27 luglio 2007

Quali saranno i pezzi cult a.i. 2007\2008































1. Le pochette proposte dal brand Prada per la prossima stagione si differenzieranno dalla classica forma a clutch per un dettaglio interessante.

Non solo queste bags possono essere portate a mano, o sulla spalla grazie ad una mini-tracolla, ma sono anche dotate di una manica di pelle che termina nella tasca frontale in cui la proprietaria può infilare la mano, arrivando a indossare la borsa come se fosse un guanto. Disponible nelle insolite combinazioni cromatiche rosa/nero, arancio/bordeaux e verde acido/verde bosco, può essere acquistata in due taglie, a seconda delle esigenze.

Io credo mi munirò di quella arancio\bordeaux.

2. Il reggicalze sarà un must. Finalmente, aggiungo. Nonostante sia 1000 volte più comodo il collant normale.... un tocco di classe anche sotto "la divisa quotidiana" non guasta.... anzi....

3. High waist: quando il trend è out. La vita alta non è solo lo spauracchio delle fashioniste. Tra le vetrine dei negozi spuntano denim high waist che farebbero accapponare la pelle anche alle più ardite sperimentatrici di trend modaioli.

Ma la questione si fa spinosa perché in ballo non c’è solo il gradimento o meno da parte delle masse, questi modelli, evidentemente adatti solo a chi può vantare forme decisamente slim, minacciano di diffondersi a macchia d’olio per emulazione nei confronti di personaggi più o meno in vista.

giovedì 26 luglio 2007

Le sneakers

Nel 1917 le Keds sono le prime scarpe da ginnastica ad essere vendute su scala mondiale.
In seguito un'agenzia pubblicitaria le ribattezza sneakers, dal verso to sneak che significa "avvicinarsi furtivamente", perchè, grazie alla suola in gomma, sono molto silenziose.

martedì 24 luglio 2007

Ci sono Club e Club....

C'è il Club della Moda (di cui conosco il Presidente e Fondatore) e c'è il Club del Ferro (di cui sono Presidente e Fondatore). A differenza del primo, per entrare a far parte del Club del Ferro non è necessario avere "gusto", saper scegliere i coordinati giusti nei colori giusti.

Quello che è richiesto, nel CDF, sono pochi indumenti/accessori. Ma da questi non si prescinde.

Senza tutto ciò nel CDF sei zero, zero assoluto.

Perchè da noi, ogni cosa, gesto, accessorio è funzionale a ciò che conta veramente: sputare sangue sotto i pesi, arrivare alla soglia del cedimento muscolare e andare oltre.

Conceive, Believe, Achieve
è il nostro motto!

Follia? no caro lettore. Questa è pane quotidiano, per il Club del Ferro!

Black Stallion? No...BLACK TALLON !!!

La foto che vedete a fianco è quella di un famoso capo indiano Sioux: Toro Seduto.
Tribù facente parte dei Siuox era quella dei Sihasapa, detti anche "
piedi neri".

La tribù dei piedi neri, oggi conosciuta come tribù dei
Black Tallons - talloni neri - è ancora fortemente attiva nelle zone urbane di tutto l'occidente.

E' facile distinguere un Black Tallon: basta guardargli i piedi. Infradito, sandali e ciabattine varie aiutano a riconoscerli, al punto che per gli amanti dei piedi come me sono veri e propri fari nella notte.

Ragazze curate, presentabili, a volte anche eleganti che nell'incedere maestoso con le loro infradito griffate sollevano il tallone quel tanto che basta a tradire
l'orrida verità nascosta: nero - sporco -grincia sotto il piede.

State all'occhio care Signore: una volta entrate nella tribù dei Black Talloners non se ne esce più!

Pensate ad ogni uscita estiva come ad una partenza in auto per le vacanze:
un check up alle gomme è fondamentale, Cristo!

CDM - Il Club della Moda

Il Club della moda, detto CDM, nasce nel lontano 2001. Artefice, fondatrice, presidente Allefer, detta Alle, Alessandra per gli amici più intimi.

Dopo anni bui in perfetto stile anonimo, Allefer decide di dare un senso al quotidiano impegnandosi nel sociale: STOP ALL'ANONIMO QUOTIDIANO VIVERE.
Le discepole\i discepoli che pian piano si sono avvicinati negli anni al Club, alla fede della mise perfetta nel luogo giusto - mise giusta nel luogo perfetto hanno reso il Club una setta di eletti invidiati.
Non è facile entrare a far parte di una nicchia "umana" così particolare e rara.
Però, voglio divertirvi e illuminarvi con qualche buon consiglio da VIP (very interesting people):
1. se sei donna, mai accompagnare una borsetta impegnativa con le sneakers o scarpe sportive;
2. se sei donna, mai sorridere ad un uomo per prima;
3. se sei donna, mai guardare un uomo per prima;
4. se sei donna, mai mostrare troppo decollete se si indossa una gonna sopra al ginocchio o bermuda corti. Fa l'effetto "zoccola";
5. se sei donna, mai truccare l'occhio nero "pestato" durante il giorno. Di sera l'occhio da "troia" serve a rendere interessante una serata priva di senso; quindi, eccedere col kajal solo di sera;
6. se sei donna, non renderti scontata mai (mai omologarsi allo sciame di medio-basso quoziente intelletivo);
7. se sei umano, non abbandonarti alla maleducazione: ringrazia sempre anche per le piccole cose;
8. se sei umano, lavati almeno dopo un abbondante pasto i denti;
9. se sei umano, lavati almeno dopo aver prodotto urina le parti intime;
10. se sei umano, non indossare pantaloni di pelle.

Ecco, il punto 10 rovina la reputazione per sempre.

sabato 21 luglio 2007

Quando le valigie non bastano....


Non posso che mostrare ciò che ho visto ieri in autostrada A1 in direzione Bologna.
Qualcuno che voleva portarsi un "pò tanta roba" in vacanza....

Her Doktor 2


















mercoledì 18 luglio 2007

Web 2.0: the machine is US

Fedelissimi lettori di TestadiPigna, volevo condividere con voi questo splendido video di Michael Wesh, Assistant Professor of Cultural Anthropology alla Kansas State University.

Michael, in poco più di 4 minuti conditi da una soundtrack azzeccatissima, ci mostra come negli anni si è evoluto il concetto di web, fino ad arrivare al "web 2.0", ovvero internet partecipata, vissuta, creata e plasmata dai navigatori stessi.

Buona visione ;-)



Io e Oscar Pistorius

Oggi voglio esprimermi riguardo ad un augurio piacevole ricevuto per posta elettronica.

Sapete chi è Oscar Pistorius?!? No, ponete fine al non averne la più pallida idea.

Cara Alessandra,
nel momento in cui termina questo ciclo di vita e ne inizia uno da adulta a tutti gli effetti (mi riferisco agli impegni lavorativi) vorrei trasmetterle una riflessione che spero possa mantenere, negli anni, un senso per lei.

I giornali nei giorni scorsi hanno riportato la notizia del ragazzo senza gambe, che ha ottenuto il secondo posto correndo con normodotati, con protesi al titanio. Il ragazzo ha le protesi da quando, a cinque anni, una malformazione ha avuto come esito l’asportazione degli arti. Ora lui corre e vince.


Il ragazzo ci insegna che niente è impossibile se sappiamo volerlo con la testa e con il cuore, se ci alleniamo con costanza e lavoriamo sodo per raggiungere ciò in cui crediamo.

Con l’augurio che le resti la voglia di correre e, perché no, anche di vincere.


Spero che mi terrà informata, ogni tanto
Maura Franchi

lunedì 16 luglio 2007

Maura sei tutti noi!!!!

Maura Franchi è il suo nome in codice. In realtà è un extraterrestre molto umano, anche lei, che mi alimenta ad input sociologici.
E' la relatrice della mia tesi di laurea.
Sto collaborando con lei ad un progetto "creativo-alternativo", si si, fuori dai soliti schemi.
Posto un mio articolo scritto per questa creatura che stiamo facendo nascere insieme.

The Omnivore’s Dilemma: you are what you eat

La vita in cima alla catena alimentare è confusa. Ed in cima alla catena alimentare siedono gli onnivori[1]. Per la maggior parte degli animali mangiare è un semplice imperativo biologico: un koala cerca foglie di eucalipto; un topo di campagna preferisce fieno e trifoglio. Ma l’ Homo Sapiens, dotato di cervello pensante e delle invenzioni da lui stesso effettuate (agricoltura, industria ….etc.), ha un stupefacente insieme di scelte, dalle uova fritte ai Chicken McNuggets di Mc Donald’s, da una manciata di fragole fresche ad una barretta sostitutiva del pasto. “Quando puoi mangiare qualsiasi cosa la natura ti offre, decidere cosa potresti mangiare fa venire l’ansia[2]”: è ciò che Michael Pollan, professore di giornalismo alla Berkeley University – California, scrive nell’introduzione del suo nuovo libro “The Omnivore’s Dilemma”.

Quest’ansia è in assoluto, sostiene l’autore, più acuta negli Stati Uniti d’America. Il benessere economico, l’abbondanza e la mancanza di una coerente e cronologica cultura del cibo hanno reso gli Americani “mangiatori” disfunzionali, ossessionati dalla magrezza mentre diventano sempre più obesi, barcollanti da un regime alimentare ad un altro, da un discernimento (la margarina fa meno male del burro) ad un altro (le proteine vanno preferite ai carboidrati). La diagnosi di Pollan è un disordine alimentare nazionale.

La maggior parte di noi è ad una enorme distanza da ciò che mangia. Questo non significa vivere lontano dai luoghi in cui si vende “cibo”, ma vivere lontanamente da ciò che si pensa possa essere la catena produttiva e distributiva degli alimenti di cui ci cibiamo. Preferiamo che il nostro cibo sia naturale, ma non immaginiamo quanto sia difficile che lo sia veramente.

In The Omnivore’s Dilemma, Michael Pollan racconta come viene prodotto, coltivato e distribuito ciò che è il cibo degli Americani (e non solo). Il libro è suddiviso in tre parti: la prima parte tratta delle coltivazioni industriali; la seconda dell’agricoltura biologica, nella veste di grande business e di piccola realtà; la terza dell’agricoltura per se stessi, coltivare ed allevare per il proprio sostentamento. Ciascuna parte del libro termina con la descrizione-racconto di un pasto: un cheeseburger e patatine fritte da Mc Donald’s per terminare la sessione sull’agricoltura intensiva ed industriale; pollo arrosto, verdure e patate al forno, cucinati con gli alimenti prodotti da una grande azienda di prodotti biologici; pollo alla griglia, mais e dolce al cioccolato (fatto con uova fresche di giornata), cucinati con gli alimenti di una piccola azienda famigliare di prodotti biologici. Funghi e maiale allevato senza mangimi chimici, “selvaggiamente”, per concludere la terza parte del libro.

Negli Stati Uniti d’America, ci si alimenta principalmente attraverso due “ingredienti”: cereali e petrolio. Ogni cosa si mangi è stata prodotta grazie a carburanti fossili. Che l’America sia oggi il “granaio dell’umanità”, e lo sia stata per molti anni, è cosa abbastanza nota. Questa capacità degli Stati Uniti di esportare grano e ,soprattutto, mais in tutto il mondo viene spesso vista come un’ulteriore riprova della superiorità del sistema economico americano. E’ vero, si dice, che gli americani consumano una quantità sproporzionata di risorse mondiali rispetto alla loro popolazione, ma è anche vero che con queste risorse producono più di tutti gli altri paesi del mondo e danno anche da mangiare a tutti. La fantastica resa delle coltivazioni di mais è stata ottenuta ad un prezzo; e questo prezzo è stato pagato con una cambiale in combustibili fossili. Adesso, l’assegno sta ritornando per l’incasso e potremmo scoprire che il conto è scoperto. Lo strato di humus fertile era all’inizio del ventesimo secolo circa quattro piedi (circa 120 cm), ma adesso si è ridotto a meno di due piedi (60 cm). In natura, per fare un centimetro di humus fertile ci vogliono circa due secoli. In un secolo, i coltivatori americani hanno distrutto quello che la natura aveva impiegato migliaia di anni a creare. Non solo, mentre l’humus di una volta era una ricca mistura di nutrienti che potevano far crescere qualsiasi pianta, quello che è rimasto è una polvere grigia che non genererebbe niente se non fosse caricata tutti gli anni con quantità crescenti di fertilizzanti artificiali. Fa impressione leggere come tutto questo è avvenuto in pochi decenni. Fino agli anni ’80, l’agricoltura del Midwest era ancora qualcosa che somigliava a quello che noi pensiamo debba essere l’agricoltura: c’erano fattorie, animali, terreni di diversa natura che venivano coltivati in modo diverso. Tutto è sparito da quando il governo Nixon ha deciso che l’agricoltura non doveva essere considerata niente di diverso dagli altri settori dell’economia. Esistevano, fino agli anni '80, in America, meccanismi economici che servivano per evitare la sovra-produzione di mais. Il governo dava un sussidio all'agricoltore in proporzione al mais stoccato nei silos. Con i silos ben pieni, l'agricoltore non aveva incentivi a produrre ulteriore mais e poteva produrre altre cose. Dagli anni '80, il governo decide di pagare agli agricoltori un minimo garantito per ogni bushel[3] di mais messo sul mercato. Quindi, l'incentivo per l'agricoltore è di produrre sempre di più. Inoltre, il minimo viene ridotto tutti gli anni, cosicché gli agricoltori si trovano in una spirale perversa in cui devono produrre sempre di più per guadagnare sempre meno. Questo ha generato la corsa ai fertilizzanti, alle specie “ingegnerizzate”, ai semi prodotti dall'industria chimica, alla distruzione di tutte le attività che non fossero piantare mais. Per un’industria, incentivi a produrre sempre di più possono anche essere una cosa buona, ma ci sono limiti a quello che l'agricoltura può fare. Oggi, la pianta di mais è un’officina dove si trasformano combustibili fossili in proteine e carboidrati. La produzione è dipendente dalla disponibilità di pesticidi e di specie di mais ingegnerizzate; semi che non possono riprodursi in natura, ma che devono essere continuamente forniti dall’industria chimica che li crea. Se mai c’è stata un’industria insostenibile, l’agricoltura americana ne è l’esempio perfetto. Se dovessero cominciare a mancare i fertilizzanti prodotti dai combustibili fossili, tutto il Midwest americano si trasformerebbe in pochi anni in una distesa sterile di polvere grigia che le piogge spazzerebbero via in pochi anni. Da qui, il sistema di fast food americano, tutto basato sul mais a basso prezzo. I cereali sono ovunque nell’alimentazione americana: sono il cibo per gli animali allevati, sono nella maggior parte degli alimenti. Il petrolio fa parte dei fertilizzanti che alimentano le piante, dei pesticidi che allontanano gli insetti da queste, del carburante usato dai mezzi di trasporto per la distribuzione degli alimenti all’interno degli U.S.A., dei packaging nei quali i prodotti finali vengono avvolti. Siamo dipendenti dal petrolio e ci piace anche molto mangiarlo. Pollan sostiene che per ogni bushel di cereali proveniente da coltivazione industriale sia stato usato l’equivalente di un terzo di gallone di petrolio.

Si pensa di mangiare “bene”, ma si continuano a scoprire “elementi” che non si pensavano potessero far parte degli alimenti che mangiamo.

Abbiamo perso il contatto con i biologici cicli della natura, secondo i quali bestiame e raccolti sono connessi da mutevoli catene alimentari. Nella seconda parte del libro, Pollan propone l’alternativa all’agricoltura industriale: l’agricoltura biologica. Meno intensa e approfondita della prima parte, questa sezione si propone di narrare e descrivere una possibile via d’uscita da un’agricoltura che ha sempre meno elementi in comune con la Natura. Il giornalista ha trascorso una settimana in un’azienda di prodotti biologici: Joel Salatin’s Polyface Farm. Salatin si definisce un coltivatore di erba, nonostante la sua azienda allevi mucche, polli, uova e cereali. Ma ogni cosa nasce e si alimenta grazie all’erba. Le mucche si cibano di erba e i loro escrementi saranno il fertilizzante per coltivare, ancora, erba. Il ciclo non ha ostacoli e non si interrompe. E’ come se “il biologico” risvegliasse quella semplice “simmetria” che appartiene soltanto alla Natura. Joel Salatin è un agricoltore alternativo. I suoi prodotti vengono venduti a consumatori locali, i quali possono facilmente raggiungere la sua tenuta. Vende faccia a faccia. È importante per l’agricoltore poter vedere coloro che si ciberanno dei suoi prodotti, per un unico motivo: evitare che gli alimenti facciano percorsi troppo lunghi, si deteriorino e non mantengano ciò di cui sono intrisi, la tipicità locale. Salatin sembra aver trovato il segreto di un’agricoltura “biologico-naturale” sostenibile.

Per Pollan il dilemma degli onnivori è doppio: cosa scegliamo di mangiare (“what should we have for dinner?” è la frase di apertura del libro) e come permettiamo che questo venga prodotto. Il libro è un manifesto per i cultori del cibo, un’inchiesta su ciò che è il presente dell’industria alimentare - agricoltura americana e su ciò che potrebbe essere, e con ogni probabilità sarà, il futuro di questa. Il libro vuole essere, da parte dell’autore, uno specchio di ciò che scegliamo sia il nostro stile di vita, il cibo come nostro motore fisico-mentale, sottolineando le possibili, reali, alternative ad un naturale ma mai così umano disfacimento della Natura.



[1] “An animal that will feed on any kind or many different kinds of food, includine both plants and animals” da Pollan M., The Omnivore’s Dilemma, a natural history of four meals, The Penguin Press, New York 2006.

[2] “When you can eat just about anything nature has to offer, deciding what you should eat will inevitably stir anxiety” da Pollan M., The Omnivore’s Dilemma, a natural history of four meals, The Penguin Press, New York 2006.

[3] Misura di capacità per cereali: circa 35,24 litri negli Stati Uniti d’America.


Snif snif....

Pubblicato oggi da www.verycool.it

"Ci risiamo.

Pare che i creativi pubblicitari, forse a corto di idee, per far parlare delle loro campagne debbano ricorrere necessariamente alla provocazione e alle immagini shock. Così dopo le polemiche infinite e le censure sugli eccessi di Dolce & Gabbana, gli organi competenti non mancheranno certo di sottolineare come da prassi il cattivo gusto e l’apologia provocatoria di un certo malcostume di questa campagna pubblicitaria fashion Junkie targata Sisley.

Giocano con il tema scottante delle droghe pesanti i creativi del brand e poco importa se l’inequivocabile striscia bianca è la bretella di una canotta in lycra piuttosto che cocaina sniffata da modelle con una brutta cera. Il messaggio attinente ad una qualche forma di dipendenza non poteva essere più chiaro."

Crocs: brutte ma comode

CROCS: ovvero come creare UN qualcosa brutto da vedere ma trendy-comodo da indossare.

Quest'anno sulle spiagge, in piscina.... purtroppo in città.... imperversano queste orrende creature di plastica.
A suo favore: aereate, non fanno sudare il piede... e sorgere cattivi odori; antiscivolo; comode per la suola anatomica e la fascia nel retro caviglia; trendy; coloratissime.
A suo sfavore: non riesco a capacitarmi di come si possa rendere di tendenza un qualcosa veramente orrendo da guardare.

La campagna marketing per la diffusione del prodotto ha mirato alla "simpatia"-vivacità del sandalo, grazie ai suoi vivissimi colori.... ovvio... su cos'altro poteva puntare?!?

Li guardo volentieri solo ai piedi dei bimbi, perchè i loro "raspuzzoli" li rendono simpatici alla calzata.

Qualcuno ha avuto persino il coraggio di imitarle.

domenica 15 luglio 2007

Les annèes Poiret

Si parla spesso di moda.

Si parla spesso di quanto se ne sappia a riguardo.

In realtà la maggior parte dei fruitori di parolone e di intenti da intenditori non sa proprio nulla.

Tenterò di porre rimedio all'ignoranza....

Quest'anno si festeggia l'anno di Paul Poiret.
Chi è Paul Poiret?!?

Cristo di un Dio.... lo sapevo....che non lo sapevate....

Paul Poiret è stato il primo stilista nel senso moderno del termine. Il primo ad aprire su strada le vetrine del suo atelier, a firmare scarpe, calze ed accessori, a progettare anche tessuti d'arredo e oggetti per la casa.
Fu anche il primo a girare il mondo con bellissime mannequin per fare conoscere il suo lavoro, viaggiando tra Londra, Vienna, Mosca e New York.
Ed è proprio questa città a rendergli tributo con la stagionale grande mostra di moda al Metropolitan Museum (dal 9 maggio al 5 agosto).

Vero primo "tiranno della moda", come lui amava definirsi o "Poiret le magnifique", come veniva chiamato dalle sue clienti, nacque a Parigi nel 1879 da un agiato commerciante di stoffe.
Nel 1903 fondò la sua Maison.
Schieratosi sul fronte della semplificazione della silhouette, farà dimenticare il busto in nome di una linea più sensuale e scivolata.
La donna sensuale è immagine di Poiret.
La donna femminile nel minimo dettaglio-accessorio è ispirazione di Poiret.

Ora avete idea del perchè si debba tanto a quest'uomo ?!? (soprattutto noi donne, senza di lui staremmo indossando ancora corsetti iper-stretti da vitino da vespa e scarpe di cuoio)

venerdì 13 luglio 2007

110 e lode: mi può bastare....















Grazie a tutti di cuore.... è stato bello, soprattutto grazie a voi.



giovedì 12 luglio 2007

Felicità, ti ho persa ieri e oggi ti ritrovo già!

Mi sono alzato
mi son vestito

e sono uscito solo solo per la strada
.
Ho camminato a lungo senza meta..[...]

Mamma mia quante volte l'ho fatto.
La camminata (notturna) senza meta ha sempre avuto su di me un effetto calmante su pensieri e ansie.


L'incipit di questa canzone mi ha colpito ed è qualche giorno che l'ho in testa, mettendo la radio a palla quando la sento passare.

Non sono un particolare amante del Blasco, ma alcune sue canzoni lasciano veramente il segno. E questa mi piace Cristo, mi piace davvero!

Sarà per in questo periodo ho un disperato bisogno di felicità, o sarà perchè condivido l'inno alla compagnia-scaccia-pensieri: insomma...am pies :-)

Per dovere di cronaca diciamo che la canzone in questione è una cover dell'originale cantata da Battisti

Allefer's performance

Sono stata dal mio "curatore di immagine" oggi.
Ha dato il meglio di sè.
Credo sia la migliore mise mai creata.
Mi sento di tendenza...

....sono di tendenza.

Stasera sono a cena al "Piccolo Oceano", Campegine.... consiglio vivamente per il pesce ed anche pizza.

mercoledì 11 luglio 2007

La nonna di Allefer è una gran figa

Classe 1934.
Eh sì, la guerra l'ha vissuta... da giovanissima... nelle campagne siciliane.
Mia nonna è sicula.
Ed è tutt'ora una gran figa.

Sostengo, e sosterrò in un futuro anche non prossimo, che la figa-che-fa-la-differenza è composta da mille sfaccettature. L'abito sempre firmato e super alla moda non è un dettaglio, anzi, è ciò di cui si appropriano le fighe-insignificanti.

Il saper portare qualsiasi cosa con estrema eleganza è un dettaglio della vera-figa.
E mia nonna è una vera-figa.

Nella visita odierna fattale, abbiamo disquisito di abiti e di scarpe.... l'ennesimo paio che si è comprata in promozione.

Poi mi ha elargito l'ennesimo proverbio siculo, intenso e significativo come tutti i suoi del resto: "zsò che dece patre cufelaro, dece lo feglio allu munnezzaro".
Cioè, tradotto nella nostra lingua: "ciò che dice il padre in cucina (quindi nell'intimità), il figlio lo dice al monnezzaio (cioè agli amici)".
In poche parole, bisogna stare attenti a chi si riferiscono le nostre cose, soprattutto le più intime.
E.... fondamentalmente.... bisogna farsi i cazzi proprio.

Concordo.