lunedì 6 agosto 2007

Il gusto è distinzione e fenomeno che condiziona ancora il consumo?

Pierre Bourdieu sosteneva che il gusto rappresenta l’affermazione pratica di una differenza necessaria. Il gusto unisce e separa: unisce tutti coloro che sono in condizioni analoghe e prediligono le stesse cose, o simili, lo stesso “modo”; separa tutti gli altri distinguendoli. Il gusto è il principio di ciò che si ha e di ciò che si è per gli altri. Il gusto è distinzione, ma distinzione per scelta, in quanto lo stesso gusto è una scelta. Si sceglie di prediligere alcune cose piuttosto che altre, si sceglie di distinguersi da ciò che vogliamo non ci appartenga.

Anche il gusto in chiave sensoriale gode delle stesse proprietà descritte più “in astratto” da Bourdieu. Il gusto è una valida chiave di lettura del cibo e di tutto ciò che, oggi, “avviene” intorno\per mezzo di esso. Ed il cibo è una valida chiave di lettura di ciò che sono le identità dei consumatori, di tutti gli individui sociali, poiché tutti “mangiamo” e tutti esprimiamo le nostre “scelte\preferenze” attraverso ciò che introduciamo nel nostro corpo.

Il senso del gusto permette, ancora una volta, di differenziare, distinguere, mostrare ciò che può essere un tratto della personalità o, in maniera più definita, una parte della propria identità.

Anche a tavola ci si differenzia e lo si fa seguendo le diverse tendenze.

L'inquinamento sempre più aggressivo ed il bombardamento assillante dei media sulla (pessima) qualità della vita moderna, ci sta portando sempre di più a riscoprire il passato e, soprattutto, i cibi genuini e non sofisticati di un tempo. Ormai, in cucina, si fa sempre più uso di frutta e verdura biologica, così come si sceglie il pane impastato con farine biologiche e cotto nel vecchio forno a legna di una volta. Riscoprire i piatti, i sapori e gli ingredienti di un tempo, tutto ciò che era arte e conoscenza dei nostri nonni non è che soltanto una parte del fenomeno della “ri-scoperta” della genuinità. Preferire i cibi “non industrializzati” non è una semplice moda, ma è un voler aderire ad un sano “movimento” appartenente non solo ai semplici salutisti ma, anche, a coloro che intendono schierarsi dalla parte dei valori concreti di genuinità, tradizione e natura. Il boom dell’agricoltura biologica ne è una valida dimostrazione. Scegliere di utilizzare, acquistare, cibarsi di prodotti provenienti da un tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell'ambiente in cui opera ed esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario) e organismi geneticamente modificati, è scegliere di differenziarsi da ciò che viene reputato “di minor valore” e da coloro che vengono ritenuti “privi di principi salutisti-ambientalisti”. E’ voler appartenere al gruppo degli eco-sostenitori, sia per il proprio benessere psico-fisico (gli alimenti biologici sono ritenuti più integri di sostanze nutritive e meno nocivi in quanto privi di particelle chimiche) sia per la propria volontà di rendersi attivi col proprio contributo alla Natura e all’ambiente.

E’ stata definita “moda[1]”, successivamente “tendenza[2]” in quanto il fenomeno si è prima espanso a macchia d’olio dal suo paese di origine, il Giappone, all’America del Nord e all’Europa, e, successivamente, radicato nella cultura di destinazione, di approdo: il sushi. Questo piatto tipico giapponese, consistente in pezzetti di pesce crudo assortito e verdure inseriti in cilindretti di riso, è un chiaro ed immediato esempio di come il cibo riesca a divenire “d’attualità” e mantenga, ovunque ed in qualsiasi forma, una propria dimensione simbolica ed estetica. L’immagine del sushi non è soltanto quella visiva di pezzetti di pesce crudo adagiati su riso bianco: è quella, soprattutto, del mito del Giappone come nazione moderna e tecnologica. Essere trendy significa “stare al passo”, al passo coi tempi ed il nostro tempo è il post-moderno: dimensione iper-tecnologica e veloce, come veloci ed iper-tecnologici sono i giapponesi e la cultura[3] ed i prodotti che esportano. Mangiare sushi è sentirsi, essere, post-moderni, incarnare i valori di semplicità (ingredienti semplici e non elaborati: riso e pesce, talvolta alghe) ed allo stesso tempo di innovazione (i giapponesi sono i principali innovatori in campo tecnico-elettronico al mondo) tipici di una nazione che spesso è presa a modello: il Giappone. Il gusto “sensoriale”, il sapore del sushi è poco incline a coloro che sono abituati a sapori forti ed elaborati, come gli Europei e gli Americani. Il gusto “astratto e completo” del sushi è molto incline a chi è attuale ed innovatore, a coloro che associano a questo piatto tipico più un gusto sociale che naturale. Il sushi “trapiantato” al di fuori del Giappone non è più un semplice cibo dal solo sapore naturale, dei suoi ingredienti, ma è un simbolo di appartenenza al “mondo”, alla sua diversità, mutevolezza. Consumare il sushi è affermare di essere cosciente dei cambiamenti, e della loro velocità, e volerne prendere parte. Il sushi è diventato un “gusto socialmente determinato”: i simboli che racchiude nel suo consumo sono i motivi per cui i suoi fruitori vogliono cibarsene per differenziarsi.

Il concetto di gusto si è evoluto, raffinato, espanso anche a livello di papille gustative. Il cibo si è fatto carico di simboli, usanze, significati che spesso vanno al di là del semplice “mangiare” ciò che piace. Proprio per questo il gusto è ancor oggi, e forse ancor di più, forma di distinzione. E l’esigenza umana (psicologica e sociale) del distinguersi, del voler distinguersi, induce a consumare “differentemente”, secondo i gusti a cui si appartiene.



[1] Tendenza generale o atteggiamento predominante, che caratterizza un preciso momento storico e influenza il modo di vivere e di comportarsi; usanza più o meno passeggera che si impone nelle abitudini, nello stile di vita.

[2] Disposizione naturale, attitudine, inclinazione a comportarsi, a pensare, a sentire in un certo modo o a svolgere particolari attività; orientamento dell’evoluzione di un fenomeno; particolare orientamento culturale o ideologico.

[3] La cultura tradizionale, nazionale, del Giappone è di ispirazione scintoista, quindi, molto legata alla spiritualità ed alla natura. La cultura a cui si fa riferimento nel testo è quella legata al lavoro, allo sviluppo, alla produzione e stili di vita giapponesi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto bello l'articolo sul sushi!
Perchè io consumo sushi? Perchè amo il Giappone.
Perchè amo il Giappone? Perchè un giorno anni fa per curiosità provai il sushi.

Allefer ha detto...

Ehm, sei un cane bastardo, quindi, che si morde la coda. :-)