venerdì 3 agosto 2007

Quali forme assume oggi il consumo ostentativo?


Nella società post-moderna (la nostra) il consumo ostentativo è ancora sinonimo di beni di lusso. Non più prerogativa della sola classe agiata, oggi il lusso è il simbolo della differenziazione, di ciò che fa la differenza e di ciò che differenzia.

Negli ultimi decenni si è potuto assistere al fenomeno della “democratizzazione del lusso”, fenomeno ancora recente che ha reso "consumo straordinario di persone ordinarie" ciò che in passato era "consumo ordinario di persone straordinarie".

Cent’anni fa il XX secolo si apriva, nel mondo occidentale, all’insegna delle raffinate follie della belle époque. Era un lusso per gli happy few, cioè i pochi privilegiati dell’alta società. Oggi questo XXI secolo si apre su uno scenario radicalmente diverso: ora il lusso è alla portata di minoranze talmente corpose da divenire quasi indistinte dalla maggioranza. La produzione di oggetti di lusso, che allora era alto artigianato d’arte, rivolto esclusivamente alla realizzazione di pezzi unici a tiratura limitata, è adesso produzione in serie, capace di far fronte a milioni di ordini. Proprio questo aumento della produzione, ha posto le basi per uno sviluppo di una vera e propria industria del lusso, con le sue affinità e le sue differenze rispetto a quella dei beni di largo consumo.

La percezione di lusso è sicuramente molto soggettiva, e per questo darne una definizione assoluta diventa impossibile.

“E’ lusso ciò che colloca il soggetto in una schiera di happy few (non tutti se lo possono permettere), il cui esclusivo privilegio è tuttavia reso tale dal desiderio dei molti esclusi… Non si ha lusso dei pochi senza lo sguardo dei molti e senza una condivisione simbolica collettiva del bene di lusso[1].

Sicuramente potremmo affermare che il lusso è l’attenzione rivolta all’arte di vivere, un modo di vita che deriva dal piacere di tutti e cinque i sensi coordinati ad un sesto, quello psicologico, che fa appello al sogno. La capacità di far sognare deriva dalla creatività che permette all’oggetto di essere raro.

Gli studiosi individuano tra le caratteristiche fondamentali per essere considerato un bene di lusso l’esclusività, l’alta qualità, prezzo elevato, l’offerta in un punto vendita qualificato. E soprattutto deve vincere il brand, il marchio che si esprime attraverso un’immagine omogenea e si realizza con la comunicazione. Il consumatore deve convincersi che sta acquistando un bene di qualità superiore. In sostanza qualità, immagine e marchio di prestigio insieme ad una distribuzione selettiva servono all’azienda per dare al consumatore quel valore aggiunto che giustifichi un prezzo maggiore. Il consumatore, infatti, oggi è disposto a spendere , ma vuole essere sicuro di quello che acquista.

La democratizzazione del lusso è questo: voler e poter spendere molto, per il meglio, per il raro, per il desiderio e per un sogno ma farlo episodicamente.

Si affianca al lusso democratico, accessibile “a piccole dosi”, il lusso esclusivo, quello appartenente alla “post-moderna classe agiata”, che lo rende il proprio stile di vita, strutturale alla propria quotidianità, non episodicità di circostanze.

Si può affermare che il consumo lussuoso con valenza ostentativa oggi sia riscontrabile nel lusso esclusivo e non nel lusso “dei più”, quello democraticizzato dall’industria e dalla nuova borghesia.

La categoria merceologica più citata da un rilevante campione, quale principale identificativo del concetto di lusso, è il gioiello (59,3%), seguito da auto/moto (58,4%) e Alta Moda (53,5%)[2].

Secondo i ricercatori, è possibile distinguere tre universi del lusso: il lusso inaccessibile, il lusso intermedio, il lusso accessibile.

I prodotti facenti parte dell’universo del lusso inaccessibile sono fabbricati in modo artigianale e tradizionale integrando, all’unità o in serie molto corte, un certo grado di tecnologia per raggiungere la perfezione. Questi pezzi hanno valore come modelli e servono da riferimento simbolico. Le società si distinguono per la presenza di un creatore di una certa “fama”, intorno al quale sono fondate l’immagine e la notorietà della marca.

Il lusso intermedio raggruppa le prime linee dei creatori classici e include i modelli di quelli nuovi. Questi prodotti sono realizzati con materiali meno nobili e sono fabbricati in serie limitata. Il pret-à-porter, i profumi e gli accessori in pelle fanno parte, per esempio, del lusso intermedio.

I prodotti appartenenti alla categoria del lusso accessibile sono prodotti contemporanei, molto “alla moda”; il loro costo è medio e il rapporto qualità-prezzo è ben studiato in relazione alle aspettative della clientela a cui si rivolge.

Il lusso esclusivo è inaccessibile, ed i prodotti-beni inaccessibili divengono i veri e propri simboli del consumo ostentativo, in quanto ostentare questi oggetti significa ostentarne i significati di prestigio e di vera ricchezza.

“Il simbolo è qualsiasi elemento (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, che viene pertanto assunto a evocare entità astratte e di difficile espressione letteraria[3]”.


Il simbolo esprime anche l’indicibile poiché, almeno in parte, la sua interpretazione sfugge all’analisi ragionata stimolando invece nell’osservatore una pluralità di riferimenti, consci e inconsci, che rinviano al sacro, all’ideologia, ai giacimenti culturali, ai percorsi e alle vicende di una collettività o di una società umana. Il simbolo è anche segno di appartenenza a un gruppo religioso o politico, artistico o sportivo; indossato è strumento d’identificazione mediante il quale le persone possono essere riconosciute conformi a quel corpo sociale o esserne escluse. Gli stemmi, gli emblemi, ma anche la forma di un copricapo o la foggia di un ornamento possono evocare forti impulsi d’identificazione in un dato gruppo ed essere usati come punto di riferimento e di aggregazione. Questo ancora oggi, come accadeva nella società pre-moderna osservata e vissuta da Veblen.

Oggi il lusso assume, però, anche un significato diverso da quello che rappresentava fino ai decenni scorsi: non è più solo esibizione e non è solo status, ma è un lusso finalizzato ad accrescere il proprio piacere personale e non a comunicare agli altri la ricchezza e lo status sociale.
L’acquisto di un bene di lusso è dettato, sempre di più, dalla volontà di autorealizzarsi, di trattarsi bene e concedersi il meglio.

Negli anni Ottanta, il consumatore cercava nel lusso la promozione sociale e il relativo prezzo elevato comunicava agli altri di potersi permettere quel bene. Oggi la comunicazione che s’intende rivolgere agli altri, tramite il consumo del bene di lusso, è un messaggio di buon gusto e capacità di scelta. Il prezzo, nella nuova concezione di lusso, è un fattore necessario, ma non sufficiente, perché questo deve essere accompagnato dalla qualità, dall’estetica, dalla rarità e dalla cultura.

Possedere una tela prestigiosa, quotatissima, un’opera d’arte nel proprio salotto è lusso esclusivo, ostentativo; affittarla e poterla ammirare nel proprio salotto per poche settimane è lusso “democratizzato”. L'affitto di una tela prestigiosa è più di una stravaganza: è l'ultima frontiera del lusso[4].

“Grazie ad un accordo tra la Monte Carlo Art Gallery e il Circle Club, un circolo esclusivo di Milano, si può portare a casa un'opera dal valore inestimabile, certificata, scelta tra più di 200 pezzi d'arte antica, moderna e contemporanea, per un periodo che però non può superare i sei mesi. Capolavori di Dalì, Renoir, Rubens, Rotella possono fare bella mostra sulle pareti di uffici o salotti, rigorosamente “a tempo”. Un'operazione per pochi privilegiati? Il Circle Club sperimenta da tempo la formula del “lusso in affitto”: chalet di montagna, jet privati, yatch e limousine con autista, auto sportive e prestigiose. [….] Il presidente del noto club esclusivo milanese nega che l'iniziativa possa coinvolgere poche ricchissime persone: , spiega, . Il prossimo passo sarà conquistare la clientela femminile, con una proposta rivoluzionaria: gioielli in affitto. Ma almeno il diamante non dovrebbe essere per sempre[5]?”.

Per democraticizzare il lusso è spesso necessario, però, il doverlo affittare. Il possesso completo, la proprietà privata del bene oggetto di ostentazione, rimane, ancora, il lusso per eccellenza.


[1] Da una ricerca di Valdani & Vicari Associati in collaborazione con Il Sole 24 Ore e Gf Studio Marketing.

[2] Ibidem.

[3] Lenti L., Bemporad D. L. (a cura di), Gioielli in Italia: sacro e profano dall’antichità ai giorni nostri”, Ass. Orafa Valenzana, ed. Marsilio, 2001.

[4] Da La Repubblica, quotidiano di informazione. Articolo pubblicato il 1 marzo 2006.

[5] Ibidem.

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